Società Italiana di Psichiatria Geriatrica: i perché
Numerosi sono i perché alla base della scelta di dare vita alla Società Italiana di Psichiatria Geriatrica. Perché nel corso degli anni l’aspettativa di vita ha continuato ad allargarsi e le proiezioni demografiche indicano che questo processo è destinato in tutto il mondo ad amplificarsi nel prossimo futuro. Quindi, i disturbi mentali nell’anziano che solo cento anni fa potevano a buon diritto essere considerati un tema epidemiologico marginale costituiscono oggi una problematica clinica di interesse prioritario. Perché, con il progredire dell’età, il cervello va incontro a complessi processi di invecchiamento che si manifestano attraverso modificazioni sia funzionali che strutturali. Nella terza età è quindi comune che i disturbi mentali esorditi in epoche precedenti si colorino di aspetti sintomatologici ed evolutivi discretamente peculiari. Analogamente, l’invecchiamento cerebrale rappresenta un elemento fondante della genesi de novo, appunto nella terza età, di nuove patologie di interesse psichiatrico. Perché l’invecchiamento cerebrale rende spesso più sfumati i confini tra disturbi mentali e disturbi neurologici. Il fatto che nel caso degli anziani sia comune riscontrare molto di neurologico nei disturbi mentali e molto di psichiatrico in quelli neurologici, comporta inevitabilmente che la psichiatria geriatrica si debba fondare su competenze complementari e supplementari a quelle proprie del bagaglio formativo della psichiatria dell’adulto.
Perché l’invecchiamento cerebrale si accompagna frequentemente a deficit cognitivi in genere e della memoria in particolare che, anche quando di lieve intensità, inquinano il quadro sintomatologico e rendono ancora più problematico l’annoso problema della aderenza alle terapie. Perché gli anziani costituiscono una popolazione speciale a rischio di eventi stressanti discretamente peculiari che possono non di rado essere prevenuti o attenuati nel loro impatto grazie alla attivazione di un efficace rete di servizi socio-sanitari specificamente tagliati per questa fascia di età. Perché i processi di invecchiamento modificano, talvolta in modo sostanziale, la cinetica e la dinamica degli psicofarmaci e l’expertise in questo specifico campo è assai spesso carente. Perché l’invecchiamento si accompagna pressoché inevitabilmente alle comorbidità mediche e questa realtà rende più problematico il percorso diagnostico, aumenta il rischio di interazione tra farmaci, induce più numerosi e quindi intensi effetti indesiderati e, ancora, contribuisce a rendere precaria l’aderenza alle terapie. E’ quindi evidente che, nel caso degli anziani, il percorso diagnostico terapeutico richiede un bagaglio di conoscenze mediche più esteso di quello abitualmente richiesto per svolgere una corretta routine psichiatrica. Perché gli interventi psicoeducativi, riabilitativi e di rimedio cognitivo non tengono perlopiù conto della specificità della condizione di anziano e dei bisogni a questa connessi. Perché le persone anziane con problematiche di interesse psichiatrico continuano ad essere svantaggiate rispetto al resto della popolazione per quanto riguarda la quantità e qualità dei servizi sanitari a disposizione. Perché la cultura e l’accettazione dei disturbi mentali dell’anziano rimangono poco diffuse nella popolazione generale e ciò facilita non solo la valorizzazione e la negazione di questa specifica problematica ma anche lo stigma con tutte le ricadute negative sul percorso diagnostico terapeutico che si possono ben immaginare.
Perché ancor oggi la ricerca pre-clinica e clinica direttamente o indirettamente di pertinenza della psichiatria geriatrica è insufficiente e troppo spesso vicariata da grossolani riferimenti estrapolati dalle altre fasce di età. Questo vasto seppur parziale elenco di perché identifica con chiarezza almeno quattro principali compiti istituzionali della Società Italiana di Psichiatria geriatrica: sensibilizzazione dell’opinione pubblica, formazione degli operatori, adeguamento dei servizi e ricerca dedicata. Ma questi quattro obiettivi comportano inevitabilmente un quinto compito : la promozione di un modello di intervento genuinamente multidisciplinare. Le competenze in gioco non sono infatti solo quelle proprie dello psichiatra, del neurologo, del geriatra, del farmacologico clinico e per quanto riguarda la ricerca di base del neuroscienziato ma la loro integrazione in un contesto più vasto e complesso che valorizza al massimo le singole specificità professionali attraverso un costante sforzo di integrazione che produce, per così dire gestalticamente un prodotto finale che è più della somma delle singole conoscenze di settore. In termini concreti, ciò significa creare una rete di servizi nella quale la priorità delle prestazioni da erogare è scandita dal contingente bisogno clinico principale del singolo paziente. La proposta di un modello di riferimento fondato sulla persona e sul riconoscimento della ineluttabilità di un approccio multidisciplinare dovrebbe essere dato per scontato ma ancora oggi i singoli specialisti tendono troppo spesso a farsi carico di professionalità non proprie. Multidisciplinarità però non significa interscambiabilità dei ruoli.
Prof. Emilio Sacchetti Prof. Claudio Mencacci
Presidenti della SIPG
Perché l’invecchiamento cerebrale si accompagna frequentemente a deficit cognitivi in genere e della memoria in particolare che, anche quando di lieve intensità, inquinano il quadro sintomatologico e rendono ancora più problematico l’annoso problema della aderenza alle terapie. Perché gli anziani costituiscono una popolazione speciale a rischio di eventi stressanti discretamente peculiari che possono non di rado essere prevenuti o attenuati nel loro impatto grazie alla attivazione di un efficace rete di servizi socio-sanitari specificamente tagliati per questa fascia di età. Perché i processi di invecchiamento modificano, talvolta in modo sostanziale, la cinetica e la dinamica degli psicofarmaci e l’expertise in questo specifico campo è assai spesso carente. Perché l’invecchiamento si accompagna pressoché inevitabilmente alle comorbidità mediche e questa realtà rende più problematico il percorso diagnostico, aumenta il rischio di interazione tra farmaci, induce più numerosi e quindi intensi effetti indesiderati e, ancora, contribuisce a rendere precaria l’aderenza alle terapie. E’ quindi evidente che, nel caso degli anziani, il percorso diagnostico terapeutico richiede un bagaglio di conoscenze mediche più esteso di quello abitualmente richiesto per svolgere una corretta routine psichiatrica. Perché gli interventi psicoeducativi, riabilitativi e di rimedio cognitivo non tengono perlopiù conto della specificità della condizione di anziano e dei bisogni a questa connessi. Perché le persone anziane con problematiche di interesse psichiatrico continuano ad essere svantaggiate rispetto al resto della popolazione per quanto riguarda la quantità e qualità dei servizi sanitari a disposizione. Perché la cultura e l’accettazione dei disturbi mentali dell’anziano rimangono poco diffuse nella popolazione generale e ciò facilita non solo la valorizzazione e la negazione di questa specifica problematica ma anche lo stigma con tutte le ricadute negative sul percorso diagnostico terapeutico che si possono ben immaginare.
Perché ancor oggi la ricerca pre-clinica e clinica direttamente o indirettamente di pertinenza della psichiatria geriatrica è insufficiente e troppo spesso vicariata da grossolani riferimenti estrapolati dalle altre fasce di età. Questo vasto seppur parziale elenco di perché identifica con chiarezza almeno quattro principali compiti istituzionali della Società Italiana di Psichiatria geriatrica: sensibilizzazione dell’opinione pubblica, formazione degli operatori, adeguamento dei servizi e ricerca dedicata. Ma questi quattro obiettivi comportano inevitabilmente un quinto compito : la promozione di un modello di intervento genuinamente multidisciplinare. Le competenze in gioco non sono infatti solo quelle proprie dello psichiatra, del neurologo, del geriatra, del farmacologico clinico e per quanto riguarda la ricerca di base del neuroscienziato ma la loro integrazione in un contesto più vasto e complesso che valorizza al massimo le singole specificità professionali attraverso un costante sforzo di integrazione che produce, per così dire gestalticamente un prodotto finale che è più della somma delle singole conoscenze di settore. In termini concreti, ciò significa creare una rete di servizi nella quale la priorità delle prestazioni da erogare è scandita dal contingente bisogno clinico principale del singolo paziente. La proposta di un modello di riferimento fondato sulla persona e sul riconoscimento della ineluttabilità di un approccio multidisciplinare dovrebbe essere dato per scontato ma ancora oggi i singoli specialisti tendono troppo spesso a farsi carico di professionalità non proprie. Multidisciplinarità però non significa interscambiabilità dei ruoli.
Prof. Emilio Sacchetti Prof. Claudio Mencacci
Presidenti della SIPG